Calabria
“Perché nulla mancasse alla fertilità della calabria ha la natura arricchito il suo seno di miniere di ogni genere, dalle quali si potrebbero ritrarre speciosissimi vantaggi.”
Cosi Saverio Tucci nel 1848 descriveva questa regione sotto l’aspetto minerario nella “ Memoria sul ristoro della calabria”,Menzionando alcune delle ricchezze del sottosuolo, che ancora oggi trovano testimonianza nei lavori minerari ivi presenti.
La Calabria oggi si riscopre a livello collezionistico . Grazie all’impegno e alla tenacia di quei pochi appassionati che hanno permesso di riscoprire tanti di quei luoghi menzionati in letteratura e continuando quell’attività di ricerca che ha arricchito il panorama mineralogico regionale andando ad aggiungere località inedite.
La mia avventura mineralogica in Calabria risale a qualche anno fa, nel paese di Pallagorio, piccolo paese del crotonese, che sorge tra il cristallino della sila e i sedimenti del bacino del Crotonese di età medio miocenici e pleistocenici.
La presenza di miniere zolfo ha sempre caratterizzato questo territorio, infatti gia dai primi lavori in età moderna ci si accorse che quei giacimenti erano stati saggiati in epoca antica, lungo gli avanzamenti furono trovati grandi vuoti testimonianza concreta di altri predecessori.
Inoltre ,gli oggetti ritrovati durante i primi lavori di ricerca mineraria, fanno risalire che la coltivazione dello zolfo abbia avuto origini sin dall’epoca della Magna Grecia, infatti i pezzi di legno, le monete, i cesti ed i vasi di terracotta ritrovati nelle miniere di Calcarella e Santa Domenica, portano a dedurre le origini sopra citate. Gia i testi latini citavano lo zolfo per la difesa dei vigneti, per la schiaritura dei vini, ma soprattutto per sbiancare la stoffa e tanti altri usi.
Nel paese di Pallagorio rimane un fievole ricordo di questa parte di storia del proprio territorio, ormai tanto lontana da quelle generazioni che hanno perso l’interesse per il proprio territorio.
Incuriosito ed eccitato all’idea che ero in luogo testimone di un attività mineraria, comincio le mie ricerche cercando informazioni, a volte frammentarie a volte fantasiose.
Individuate le zone dove la tradizione voleva che fossero collocate le ricerche mi accingo ad organizzarmi per visitarle.
Tante le località che racchiudono segreti che aspettano di essere scoperti, tra queste Frontieri dove accompagnato da persone del luogo mi ritrovo sotto una grande parete dove si aprono 2 gallerie, l’emozione cresce e la soddisfazione mi pervade, perché quello che mi affascina oltre a trovare i nostri bene amati minerali è il ripercorrere quei sentieri che hanno visto i minatori di un tempo .
Arrivato sotto la parete mi rendo conto della pericolosità della zona, l’intera parete è fratturata e incombe su un imbocco di galleria semi ostruito, e proprio in questo sfasciume che trovo una bella piastra con cristalli di zolfo,il battito accelera e fremo, riorganizzo le idee e mi rendo conto che il masso e caduto da poco, alzo lo sguardo e vedo in parete l’altra parte del geode.
Un geode di 30 cm è sopra la mia testa ma è impossibile lavorarlo, un po’ perché è alto e un po’ per la pericolosità della parete, per fortuna ho un piede di porco con me, ma anche questo non arriva a toccare il masso con il geode, faccio un mucchio di sassi per alzarmi di quel tanto che basta per arrivare a disgaggiare
L’altra parte del geode.
Riesco a distaccare il masso che cade per non so quale fortuna con i cristalli verso l’alto mostrando cotanta bellezza.
Riempito lo zaino con tutti i pezzi recuperati mi avvio verso la strada del ritorno, sapendo che tanti altri “buchi” aspettano di essere esplorati.
Montepiano e Vergine del Carmine
La continua ricerca di informazioni mi porta ad individuare nei pressi di Zinga frazione del paese di Casabona la collocazione delle miniere Montepiano e Vergine del Carmine, che dal materiale che ho a disposizione presentano degli affioramenti all’esterno.
Reduce dell’esperienza a Frontieri e sicuro di trovare qualcosa senza dovermi addentrare in qualche cunicolo pericolante, comincio tramite google maps a ricercare quel tratto di Vitravo che corrisponde alla carta in mio possesso e da li a ritrovare grossomodo la strada che mi avvicini il più possibile a queste miniere.
Il paesaggio è molto suggestivo perché il percorso si sviluppa in prossimità del geosito di Zinga con formazioni geologiche denominate Diapiri Salini. Si tratta di un fenomeno geologico per il quale gli strati profondi di sale emergono dal terreno. la presenza di sale in superficie ha contribuito alla storia di questi luoghi: fino agli anni ’50 infatti, qui i minatori venivano ad estrarre il sale, presidiati dai finanzieri delle cui piccole caserme rimangono ancora i ruderi.
Arrivato in prossimità del luogo come capita spesso ci si ritrova ad un gran bel punto interrogativo e adesso dove vado?
Infatti bisogna essere fortunati ad incontrare il proprietario del terreno ove si trovavano queste miniere, perché mi è capitato spesso di chiedere informazioni a persone con terreni nei dintorni ma senza cavare un ragno dal buco, forse un secolo è troppo per ricordare un capitolo così piccolo della storia di questo territorio.
Vengo indirizzato verso una strada che nulla di buono faceva pensare per le condizioni in cui versava nel tratto iniziale, ma mi assicurano che sarei passato senza troppi problemi, infatti così è, andato avanti un altro po’ incontro i proprietari del terreno di Montepiano, che mi raccontano della presenza di una galleria ancora in piedi.
Fremo perché so che sono nel posto giusto ma dovrò ricredermi perché alcune volte trovare un luogo con tutte le indicazioni , è impossibile. Comincio a cercare questa fantomatica galleria seguendo per filo e per segno tutte le indicazioni, giro e rigiro il posto attento a tutti quegli anfratti che potrebbero nascondere una galleria ma dopo un po’ dovrò arrendermi confermando vincitrice la macchia che la fa da padrona.
Ritornato in macchina mi fermo in un tratto di strada dove sembra ci sia un piazzale ma mi rendo conto appena scendo che la forza del Vitravo durante l’inverno a spazzato via un tratto di strada spianando la probabile discarica della vecchia miniera.
Comincio la ricerca tra i massi accatastati e mi ritrovo a smartellare bellissimi pezzi di calcare cristallizzati a Zolfo.
Cominciano ad uscire i primi cristalli non grandissimi ma di una trasparenza unica,ma anche qui sfuma l’idea di ritrovare qualche galleria, mi rimane però lo spettacolo del posto e quello che rimane di grandi calcaroni ormai mezzi distrutti.
Verzino
Negli scritti tratti dal “Bollettino del R. Comitato geologico d’Italia, Volume 9”, si fa riferimento agli splendidi sferoidi di pirite che si rivengono nei dintorni di Verzino, questa è l’unica notizia che ho ritrovato in rete dopo che ho “scoperto” questo luogo.
Molte volte ci ritroviamo per caso fortuito in luoghi che possono essere interessanti a livello mineralogico, un po’ perchè senza il giusto “imput” è difficile indirizzare le nostre ricerche verso notizie “fruttuose”, altre volte perchè si ignorano le potenzialità di un luogo.
Proprio per questo devo ringraziare “Mario” di Verzino che mi ha permesso di conoscere questo luogo e regalandomi la possibilità di conoscere ancora un po’ questo territorio stupendo.
Conosciuto Mario una persona del luogo appassionata delle bellezze naturalistiche e storiche della zona e saputo della mia passione mi parla di Piriti nell’argilla, anche qui rimango a bocca aperta sentendo la quantità e la perfezione dei cristalli che ivi si sono possono reperire.
Il chiacchierare ci porta verso l’imbrunire quando su mia insistenza, vengo accompagnato sul luogo, all’inizio pensavo solamente ad individuare la zona, ma ad un certo punto vedo che scende dalla macchina e mi dice
-“vieni che ti faccio vedere come si trovano”
e io incredulo rispondevo
-”scusami ma sta facendo buio come pretendi di trovare qualcosa?”
e lui
-“ vieni vieni non ti preoccupare”.
Dopo pochi passi nel calanco vedo che si inchina su due macchie scure che spiccano sull’argilla, quando me le porge da quello che posso sentire, perché vedere era un impresa assai ardua , sono due sfere di pirite.
Ritorno sul posto la mattina seguente armato di un ferro e una busta per raccogliere le piriti messe in evidenza dall’erosione.
La ricerca è divertente perché ogni pezzo è un gioco di geometrie improbabili, ci sono cubi che escono fuori da una sfera, stelle, aggregati a cresta di gallo.
Anche qui dopo le varie visite trovo il giorno di ferragosto, dopo un breve temporale uno dei pezzi più grandi che abbia trovato, uno splendido nodulo di pirite di 10cm ca a cresta di gallo.
Ritornato a Roma la mia curiosità sul giacimento viene saziata da uno studio avvenuto nel 2010 da parte dell’università Roma Tre che associa la formazione della pirite a delle faglie che hanno portato alla circolazione di fluidi tra i 50°C e i 230°C e hanno formato le piriti in oggetto.
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